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LA SUA STORIA

La fama dei tartufi come prelibato alimento si perde nella notte dei tempi. Certi autori fanno risalire al tempo di Giacobbe la prima menzione del tartufo come alimento, circa 1600 anni ac anche se probabilmente essi si riferiscono alla "Terfezia".

Il tartufo degli arenili dell'Asia minore, di qualità molto inferiore a quella di alcuni tartufi del genere "Tuber", conosciuti più tardi sia dai greci che dai romani.

Gli ateniesi onorarono i figli di Keripe per il semplice fatto che il loro padre aveva inventato un nuovo modo di cucinare i tartufi.

I Romani ne furono ghiottissimi, ed Apicio e Giovenale ne contarono gli elogi e ne dettarono anche i metodi di cucina. Plinio racconta che Laerzio Licinio pretore di Spagna a Cartagine si ruppe i denti mangiando un grosso tartufo entro il quale era stato nascosto o inglobato un "danaro romano".

Il Tartufo fu cantato da poeti, esaltato da scrittori, ricercato per le mense dei ricchi e dei potenti che potevano sopportarne l'alto costo, ma la sua natura e la sua origine rimase misteriosa fino al XIX secolo. Teofrasto ritenne che il tartufo fosse un vegetale privo di radici originato dalle piogge autunnali accompagnate da colpi di tuono. Dioscoride, quattro secoli più tardi, scrisse che doveva trattarsi di una radice tuberizzata. Porfirio lo pensò come figlio degli Dei, e Plinio come una callosità della Terra e un miracolo della natura.

Nel Medioevo lo studio del tartufo e dei funghi in genere, non fece alcun progresso, e soltanto dopo il Rinascimento i ricercatori più seri trascurarono le fantasiose ipotesi del passato per basare lo studio su criteri più scientifici. Per opera di altri, però, continuarono a persistere le più strane interpretazioni.

Progressi notevoli dello studio delle Tuberacee si ebbero invece intorno al 1710-1720. Greofory (1711) dà una escrizione dell'organizzazione delle Tuberacee e mette in evidenza la presenza di piccoli punti scuri nella polpa del tartufo (spore) interpretandoli come "semi".

Micheli (1729) riprende lo studio della struttura delle Tuberacee e riconosce la presenza di germi (spore). Sulla stessa via procedettero altri autori mentre De Borchi (1780) studiando il tartufo bianco del piemonte riferibile al "Tuber magnatum pico" avrebbe constatato la germinazione delle spore con produzione di filamenti chiamati micelio, costituenti il solito feltro o "blanc de champignons".
Intorno al 1831 l'opera di Carlo Vittadini segna la prima solida base per lo studio delle Tuberacee in quest'opera si ha la descrizione delle specie fondate su un criterio scientifico.

Ma solo nel 1892 lo Chatin nella sua pubblicazione, dopo aver fatto il punto del progresso compiuto dalla scienza in questo campo, lo Chatin ha illustrato il tartufo dal punto di vista botanico; egli ha inoltre contribuito molto al progresso della Tartuficultura.

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